SCARICA PDF di questo articolo
di Ernesto D. Bretscher
Il problema del divorzio è vecchio quanto l’uomo, ma ai nostri giorni dilaga come mai prima
Ovviamente, ogni nazione ha in merito la propria legislazione più restrittiva o più permissiva, ma comunque, per molti, divorziare non è più un problema né sul piano pratico né su quello morale. Il matrimonio è considerato sempre di più un semplice contratto che impegna due persone a stare insieme solo finché durano i loro sentimenti, dopo di che può essere tranquillamente sciolto per dare luogo a un’altra relazione.
Non solo, ma in molti paesi – e in misura crescente anche nel nostro – è sempre più di norma la convivenza. Non è raro, dunque, che le persone nel corso della loro vita convivano con diversi partners per periodi più o meno lunghi.
L’altro lato della medaglia è che il divorzio crea spesso grossi problemi nei figli, vere vittime traumatizzate dalla distruzione della loro famiglia. Secondo molti psicologici, i figli di una coppia che divorzia soffrono sempre un trauma emotivo e psicologico.
Purtroppo la mentalità del mondo secolarizzato esercita un’influenza crescente anche sulla chiesa. Sempre più spesso, anche i cristiani scelgono la via del divorzio e del nuovo matrimonio per risolvere i loro problemi. E una cattiva comprensione della misericordia e della grazia divina favorisce questa tendenza.
Ci sono nel mondo cristiano interpretazioni delle Scritture forzate o poco scrupolose, che portano a trattare queste problematiche in maniera o legalistica, o permissiva e superficiale. Solo con una corretta comprensione della Parola di Dio e della Sua grazia possiamo aiutare le coppie in difficoltà.
Non abbiamo spazio qui per uno studio biblico esauriente; d’altronde, ce ne sono diversi nelle librerie evangeliche. Ma, visto che saremo sempre più spesso confrontati con situazioni matrimoniali piuttosto complesse, cerchiamo di chiarirci le idee nella maniera più semplice possibile.
Che cos’è il matrimonio?
Prima di trattare il tema del divorzio, dobbiamo considerare che cosa intendiamo per “matrimonio”. Con l’aumento delle coppie conviventi e la liberalizzazione dei costumi sessuali, bisogna chiedersi quand’è che una relazione sessuale diventa vincolante davanti a Dio.
La Scrittura contiene indicazioni sufficienti per darci una risposta. “Il creatore, da principio, li creò maschio e femmina e disse: «Perciò l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà con sua moglie, e i due saranno una sola carne». Così non sono più due, ma una sola carne: quello dunque che Dio ha unito, l’uomo non lo separi” (Matteo 19:4-6).
È determinante per un “matrimonio” che i coniugi (un maschio e una femmina!) lascino i rispettivi genitori e si uniscano per formare un nuovo nucleo familiare; il rapporto sessuale suggella il loro impegno reciproco. Possiamo definire il matrimonio, a prescindere dal tipo di cerimonia con la quale lo si celebra, come: “Un rapporto in cui si lascia la famiglia d’origine per unirsi al coniuge pubblicamente secondo le forme riconosciute nella società, per formare insieme un nuovo nucleo familiare che diventa il contesto dei rapporti sessuali”.
Notiamo bene che non basta il solo rapporto sessuale per creare il matrimonio: sono necessari anche gli altri elementi dell’impegno pubblico e della convivenza stabile. Ogni rapporto sessuale senza questi elementi è fornicazione, non matrimonio. Anche i fidanzati che hanno rapporti prima di realizzare l’impegno pubblico delle nozze, commettono fornicazione. La funzione del sesso, nel pensiero divino, non è soltanto quello del piacere fisico, ma di esprimere la fusione di due essere per formare “una sola carne”.
Impegno a vita
Agli occhi di Dio il matrimonio è sempre vincolante “a vita”, anche quando la coppia prevede di poterlo sciogliere: “La moglie è vincolata per tutto il tempo che vive suo marito; ma, se il marito muore, ella è libera di sposarsi …” (1° Corinzi 7:39).
Ma è veramente Dio a unire ogni coppia? L’affermazione di Gesù in Matteo 19:6: “Quello che Dio ha unito l’uomo non lo separi” potrebbe dar luogo a dei dubbi. Forse solo i matrimoni tra cristiani consacrati a Dio sono indissolubili, mentre quelli chiaramente “sbagliati” possono essere sciolti?
È significativo qui il fatto che Gesù fa riferimento alla creazione dell’uomo quando parla dell’unione della coppia. Sin dalla creazione Dio decretò l’unione tra l’uomo e la donna: il matrimonio è quindi un’istituzione naturale. E Dio decreta che il matrimonio non si scioglie. I coniugi non sono più due, sono diventati “una stessa carne”.
Chi ignora questi avvertimenti trasgredisce uno dei principi fondamentali che reggono la società umana; e la pena per i trasgressori è il fuoco eterno. “Dio giudicherà i fornicatori e gli adulteri” (Ebrei 13:4). “Ma quanto a … i fornicatori …, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda” (Apocalisse 21:8).
Il problema del divorzio
Stabilito che cos’è il matrimonio, passiamo alla questione del divorzio. Ma, poiché la casistica di questo tema è ampia, mentre le indicazioni della Scrittura sono condizionate dagli usi e costumi dei tempi in cui fu scritta, non è facile elaborare una linea. Il rischio è quello di rimanere imprigionati dagli schemi e finire per vietare, come accadde ai tempi di Gesù, che “la gente venga guarita di sabato”.
La domanda fondamentale che dobbiamo porci è: È lecito divorziare e risposarsi?
Per rispondere, consideriamo i seguenti testi, e particolarmente le frasi evidenziate:
“Dei farisei gli si avvicinarono per metterlo alla prova, dicendo: «È lecito mandare via la propria moglie per un motivo qualsiasi?» Ed egli rispose loro: «Non avete letto che il Creatore, da principio, li creò maschio e femmina e che disse: ‘Perciò l’uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà con sua moglie, e i due saranno una sola carne?’ Così non sono più due, ma una sola carne; quello dunque che Dio ha unito, l’uomo non lo separi». Essi gli dissero: «Perché dunque Mosè comandò di scriverle un atto di ripudio e di mandarla via?» Gesù disse loro: «Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandare via le vostre mogli; ma da principio non era così. Ma io vi dico che chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio»” (Matteo 19:3-9).
“Chiunque manda via sua moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se la moglie ripudia suo marito e ne sposa un altro, commette adulterio” (Marco 10:11-12). “Chiunque manda via la moglie, salvo che per motivo di fornicazione, la fa essere adultera e chiunque sposa colei che è mandata via commette adulterio” (Matteo 5:32).
Da queste parole di Gesù, sembrano proprio sbarrate tutte le porte al divorzio. Il matrimonio non si tocca, parola di Dio! Appare chiaro che, finché vive il marito o la moglie, l’altro coniuge è vincolato e non può separarsi e risposarsi (si leggano a questo proposito anche Romani 7:2-3 e 1° Corinzi 7:39). Questa è la chiara intenzione di Dio fin dal principio.
Eccezioni
Dunque, la seconda domanda che dobbiamo porci è se a questa regola la Scrittura ammette qualche eccezione?
Sì, pare che ce ne siano due. La prima risale ai tempi della Legge: “Se un uomo sposa una donna, coabita con lei e poi la prende in odio e l’accusa di cose turpi … dicendo: «Ho preso questa donna, e quando mi sono accostata a lei non l’ho trovata vergine» … se la cosa è vera … la gente della sua città la lapiderà” (Deuteronomio 22:13-21). “Chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio” (Matteo 19:9).
Nell’Antico Testamento la fornicazione, cioè i peccati sessuali, commessi prima del matrimonio erano sufficienti a distruggere il matrimonio, sempre che il coniuge innocente lo volesse (si tratta di una concessione, non di un dovere). Il marito poteva anche perdonare la fornicazione di sua moglie; ma se non voleva farlo, non peccava.
Sembra dunque che i peccati sessuali autorizzano il coniuge innocente a ripudiare l’altro, rimanendo poi libero di risposarsi. Secondo la legge di Mosè, gli adulteri venivano puniti con la morte, per cui automaticamente il coniuge innocente poteva risposarsi.
Bastano infatti pochi brani biblici per capire come Dio considera l’adulterio: “Se uno commette adulterio con la moglie di un altro… l’adultero e l’adultera dovranno essere messi a morte” (Levitico 20:10). “Il matrimonio sia tenuto in onore da tutti e il letto coniugale non sia macchiato da infedeltà; poiché io giudicherà i fornicatori e gli adulteri” (Ebrei 13:4).
Chi commette fornicazione o, peggio, adulterio, cade sotto il giudizio di Dio, al quale potrà scampare solo con un autentico ravvedimento. Dopo di che il consiglio di Dio è: “Va’ e non peccare più!” (Giovanni 8:11).
Visto però che non c’è più la pena di morte per gli adulteri, resta da determinare se il coniuge “colpevole” può risposarsi, se si pente e chiede perdono a Dio, nel caso non sia più possibile tornare col proprio coniuge. A questa domanda la Scrittura non dà risposte chiare.
Gesù dice che “chiunque sposa colei [o, per estensione, colui] che è mandata via commette adulterio” (Matteo 5:32). Davanti a una simile intransigenza, i discepoli obiettano: “Se tale è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene prendere moglie”. Ma Egli risponde loro: “Non tutti sono capaci di mettere in pratica questa parola, ma soltanto quelli ai quali è dato” (Matteo 19:10-11).
L’insegnamento di Gesù è stato “dato”, chiaramente, ai Suoi discepoli. Senza la grazia e la nuova vita dello Spirito Santo, non tutti riescono a stare senza sposarsi. Forse per questo Gesù dice: “Chiunque manda via sua moglie la fa essere adultera” (Matteo 5:32). Egli sembra dare per scontato che, dopo il divorzio, entrambi si sarebbero risposati.
Vista comunque la mancanza di chiare risposte nella Parola di Dio, se il “colpevole” vuole risposarsi, dopo essersi nel frattempo convertito, il pastore dovrà valutare la cosa davanti a Dio, il quale può rimettere i peccati e cancellare ogni iniquità (cfr. Luca 7:47-50), chiedendogli sapienza per il caso particolare.
La seconda eccezione è data in 1° Corinzi 7:13-16: “La donna che ha un marito non credente, se egli consente ad abitare con lei, non mandi via il marito; perché il marito non credente è santificato nella moglie, e la moglie non credente è santificata nel marito credente… Però, se il non credente si separa, si separi pure; in tali casi, il fratello o la sorella non sono vincolati; ma Dio ci ha chiamati a vivere in pace; perché tu, moglie, che sai se salverai tuo marito? E tu, marito, che sai se salverai tua moglie?”.
Si è molto discusso sul significato dell’espressione “non sono vincolati”. Vuole dire che sono sciolti completamente dal vincolo matrimoniale, o solo parzialmente? Possono cioè risposarsi senza commettere adulterio, o devono rimanere da soli?
A me pare di capire che si tratti dello stesso “vincolo” di cui si parla al versetto 39: “La moglie è vincolata per tutto il tempo che vive suo marito, ma se il marito muore, ella è libera di sposarsi con chi vuole, purché lo faccia nel Signore”. Se è così, allora anche in questo caso (per la verità piuttosto raro), il credente è libero di risposarsi, “purché lo faccia nel Signore”.
Notiamo comunque che questa volta Paolo non dice: “ai coniugi ordino, non io ma il Signore …”, ma prende su di sè la responsabilità della concessione.
Annullamento
Ci può essere annullamento del matrimonio? In Deuteronomio 24:1 leggiamo: “Se avvenga che ella poi non gli sia più gradita perché ha trovato in lei qualcosa di vergognoso, e scriva per lei un libello di ripudio, glielo consegni in mano e la mandi via da casa sua”.
È da notare il termine vergognoso, in ebraico “garvath dabar”, cioè “qualcosa di brutto”. L’unico altro esempio di questa espressione nell’Antico Testamento, in Deuteronomio 23:14, si riferisce agli escrementi umani! Ora, garvath viene spesso usato per “vergognoso” nel senso di impudica esposizione del corpo umano; ma qui non sembra che il termine si riferisca necessariamente all’infedeltà coniugale. Infatti per l’adulterio, la legge prescriveva la pena di morte e non il semplice libello di ripudio, il quale veniva così ad assumere praticamente il valore di un “certificato di innocenza”, un attestato che la donna non era rea di adulterio e poteva diventare moglie di un altro senza diventare adultera.
Cosa può dunque significare? Probabilmente qualche indecenza, qualche condotta indecorosa, qualche difetto o mancanza, forse anche l’incapacità di avere figli: qualunque cosa che la rendeva spregevole agli occhi del marito.
Cosa dire oggi dei seguenti casi?
- Il matrimonio non viene consumato perché uno dei coniugi non vuole avere rapporti sessuali;
- Uno dei coniugi è stato costretto a contrarre matrimonio contro la propria volontà;
- Uno dei coniugi ha un comportamento scorretto, scoperto solo dopo la celebrazione del matrimonio, per esempio: è violento e manesco, schiavo di alcool o droga, coinvolto nella malavita, o altre cose del genere;
- Perversione sessuale, per esempio, uno dei coniugi vuole costringere l’altro a prostituirsi;
- Incesto;
Non sono forse questi fatti “vergognosi”? Alla luce di Deuteronomio 24, dunque, potrebbe essere seriamente considerato l’annullamento del matrimonio.
Ma ora dobbiamo chiederci: non è di questa possibilità che parlano i Farisei in Matteo 19:3? Bisogna dunque muoversi in questo campo con estrema cautela. L’enfasi di Dio non è mai sulla separazione, ma sulla indissolubilità della coppia, per cui anche qui, dove la Scrittura non ci dà una linea chiara, bisogna chiedere la guida di Dio caso per caso.
Gli altri casi
“Hai detto bene: non ho marito, perché hai avuto cinque mariti e quello che hai ora, non è tuo marito” (Giovanni 4:17).
Come a Gesù, anche nella chiesa capita che si presentano persone con le problematiche più diverse: divorziati, risposati, conviventi, madri con figli di più padri … Nel condurre queste persone a Cristo, siamo chiamati ad ammaestrarle a vivere secondo i Suoi insegnamenti e quindi a mettere ordine nella loro vita: impresa non sempre facile.
Ogni caso deve essere valutato singolarmente con attenzione, saggezza, realismo e obiettività, senza perdere mai di vista il filo conduttore della Parola di Dio. Davanti a ogni caso, dovremo porci una domanda: è stato rotto il primo vincolo matrimoniale per le cause sopra descritte?
Nel caso che due persone, già separate dai rispettivi coniugi, convivono nel momento della loro conversione, bisogna tener presente Deuteronomio 24:1-4: “Quando uno avrà preso una donna e sarà divenuto suo marito, se avvenga che ella non gli sia più gradita perché ha trovato in lei qualcosa di vergognoso … e diviene moglie d’un altro marito … il primo marito che l’aveva mandata via non potrà riprenderla per moglie, dopo che ella è stata contaminata, perché sarebbe un’abominazione agli occhi dell’Eterno”.
Mentre la sola separazione lascia aperta la porta della riconciliazione – “se si fosse separata, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito” (1° Corinzi 7:11) – un nuovo matrimonio o una convivenza chiude per sempre il precedente matrimonio. Invece, le relazioni adultere, mentre i coniugi vivono ancora insieme, vanno interrotte immediatamente. Gesù disse all’adultera: “Va’ e non peccare più!” (Giovanni 8:11).
Le situazioni si fanno ancora più complesse quando ci sono di mezzo anche dei figli. Il pastore dovrà muoversi con grande cautela, equilibrio e saggezza, cercando di applicare la Parola di Dio con uno spirito di grazia ai casi che gli si presentano, cercando nella sua valutazione di muoversi sul “binario” della Parola di Dio ma con la flessibilità della grazia di Dio stesso per provocare il minor danno possibile alle persone che si trova davanti.
Quando si conclude che non va interrotta la relazione, i conviventi dovranno regolarizzare al più presto la loro posizione davanti alla legge (rinunciando anche alla doppia pensione, se era questo il motivo della convivenza “irregolare”!).
Non è sempre possibile rimettere insieme i cocci di un vaso rotto. La conversione di una persona significa per lei un nuovo inizio in tutti i sensi. Se il naufragio del primo matrimonio era dovuto ai suoi peccati, il Signore nella sua benignità cancella tutto il passato. “Se uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove” (2° Corinzi 5:17).
I furbi
È noto il detto: “Fatta la legge, trovato l’inganno”.
C’è sempre gente che sa manipolare le situazioni per il proprio tornaconto. Anche nella chiesa ci sono persone che fanno sempre ciò che vogliono, non importa cosa ne pensi Dio… “tanto Egli è misericordioso, perdona sempre!”.
I pastori, chiamati a governare il gregge di Dio, si trovano a volte in serie difficoltà. Come trattare le persone che “sfuggono” all’insegnamento della Parola di Dio per fare i comodi loro? Questo è piuttosto frequente anche in materia di divorzio e nuovo matrimonio.
Poiché nella chiesa si dice NO al divorzio e NO al nuovo matrimonio, chi decide di divorziare si ritira semplicemente dalla comunità, ottiene il suo divorzio e infine si risposa, solitamente davanti al sindaco. Poi, dopo alcuni anni (o mesi), riappare in chiesa con il nuovo coniuge. Presenzia ad alcuni culti, poi chiede un colloquio col pastore al quale esprime il suo desiderio di tornare. Capisce di avere sbagliato, ha agito “nella carne”, ma ora è sinceramente pentito. D’altra parte il nuovo coniuge si sta pure convertendo!
Intanto l’ex-coniuge siede tra i banchi, un credente fedele ed esemplare. Come fare? È valido il nuovo matrimonio? Si può riaccogliere questa “pecora” nell’ovile, oppure bisogna respingerlo? Sono domande alle quali non è sempre facile rispondere!
Sul piano civile il matrimonio è comunque valido. Ma per Dio? Solo Colui che conosce i cuori sa se c’è malafede, ed è a Lui che ciascuno dovrà rendere conto. “Non vi ingannate, non ci si può beffare di Dio; perché quello che l’uomo avrà seminato, quello pure mieterà” (Galati 6:7).
In casi del genere, abbiamo una sola risorsa: pregare e ascoltare che cosa il Suo Spirito ci suggerirà. Infatti due casi apparentemente identici possono essere in realtà profondamente diversi perché le motivazioni e le attitudini di fondo sono diversi, per cui la risposta di Dio può essere anch’essa diversa. È difficile stabilire dei principi inflessibili, in quanto Dio guarda il cuore e le attitudini della persona.
Ma tutte le eccezioni non cambiano il fatto che Dio odia il ripudio, la separazione e il divorzio (Malachia 2:16) e non lascerà impunito chi tratta il matrimonio con leggerezza.
Quando invece si tratta di riparare, ricostruire, restaurare e guarire, bisogna muoversi con la misericordia e la grazia così evidenti nella vita di Gesù. La legge diceva che gli adulteri dovevano essere lapidati, e la gente religiosa era pronta a farlo (Giovanni 8:5); ma Gesù “libera” la donna non solo dal suo peccato ma anche dalla legge che l’accusava. “Neppure io ti condanno; va’ e non peccare più” (v.11), cioè: “Da ora in poi sii fedele a tuo marito!” Una volta restaurate le persone nel loro rapporto con il Signore e inserite nella Chiesa, l’imperativo è: non peccare più!